mercoledì 1 febbraio 2012

Energia blu

Sembrerebbe che qualcosa si stia finalmente muovendo nel campo dell’energia dal mare, risorsa spesso ed ingiustamente sottovalutata. Allo stato attuale la possibilità di mettere in rete questa forma di energia sembra ancora lontana ma le prospettive, molto buone, la rendono già una valida alternativa alle fonti fossili.
Chiediamone di più a Gianmaria Sannino, oceanografo dell'ENEA.

Dottor Sannino, qual è la situazione attuale in Italia in materia di energia dal mare? 
“Nei mari italiani le due fonti di energia più interessanti sono l’energia delle onde generate dal vento, e l’energia delle correnti di marea generate dall’attrazione sole-luna sulla Terra. In Italia posti molto apprezzabili da questo punto di vista sono Venezia, il canale di Sicilia e lo stretto di Messina, area quest’ultima dove il fenomeno è più intenso. Se consideriamo che a livello planetario i punti dove estrarre energia dalle correnti di marea sono pochi, avere in Italia un posto come lo stretto di Messina è molto positivo. I ricercatori di varie Università, come il Politecnico di Torino, l’Università di Reggio Calabria e l’Università di Bologna, stanno studiando, hanno elaborato ed hanno anche già brevettato dei dispositivi per massimizzare l’effetto delle onde del Mediterraneo. Questo è molto importante perché l’unico Paese che riesce ad avere a disposizione sulle proprie coste un potenziale energetico così elevato in tutta Europa è proprio l’Italia. Nel Mediterraneo, oltre alle già citate aree italiane, altre zone interessanti per estrarre energia dal mare sono lo stretto di Gibilterra, un paio di stretti nell’arcipelago del Mar Egeo, alcuni nel nord della Scozia e dei fiordi nel nord Europa. Parliamo veramente di una ventina di stretti in tutta la Terra dove si può estrarre questa forma di energia, anche se in questo momento molte delle tecnologie esistenti sono state sviluppate solo per il mare del Nord. Avendo il Mediterraneo onde corte, poco alte e molto frequenti, a differenza di quelle dell’Atlantico molto alte e meno frequenti, appare evidente la necessità di creare dispositivi che si adattino a questo genere di onde.”
Lei dice che sono pochi i punti dove poter estrarre energia dalle correnti di marea. Sono quindi necessarie determinate caratteristiche?
“Assolutamente si, sono necessarie caratteristiche ben definite. Il modo di sfruttare l’energia delle correnti marine è molto simile alla tecnologia eolica, con profonde differenze da un punto di vista tecnologico. Appare chiaro quindi che le correnti dovranno essere abbastanza intense da mettere in moto le pale, con una velocità di almeno un m/s. Considerando che la corrente media degli oceani è di pochi cm/s, si capisce quanto possa essere difficile trovare punti con queste velocità. E’ molto importante l’interazione tra corrente di marea e conformazione della costa, dove si hanno degli stretti in cui la corrente di marea è in generale abbastanza forte si possono raggiungere le velocità ottimali.
Per quanto riguarda invece l’energia dalle onde, diventa importante l’intensità. Ovviamente il potenziale energetico del Mediterraneo non è paragonabile a quello dell’Oceano, il nostro è un mare chiuso e la possibilità che le onde riescano a crescere sotto l’azione del vento è limitata. La costa occidentale, americana ed europea, ha a disposizione una quantità di energia impressionante di circa 10 volte quella del Mediterraneo, energia questa che a causa dell’elevata intensità non può essere trasformata totalmente, perché richiederebbe strumenti molto resistenti.”
L’Enea come si sta muovendo a riguardo?
“L’Enea si sta occupando di valutare il reale potenziale presente nei nostri mari. Noi siamo oceanografi fondamentalmente quindi abbiamo a disposizione una serie di elementi di modellistica per fare simulazioni numeriche con le quali riusciamo a fornire dettagli estremamente puntuali delle quantità di energia.
Fino adesso abbiamo realizzato delle mappe di energia sulla base di 15 boe sparse in tutta Italia che ci danno informazioni su come oscilla il mare, e da queste informazioni si può calcolare l’altezza d’onda media. Uno dei posti più interessati dal punto di vista delle onde è la Sardegna occidentale ad esempio, che in questo momento è monitorata da un'unica boa. Utilizzando i dati di vento che provengono dal Centro europeo che si occupa delle previsioni meteo, siamo stati in grado di riprodurre quello che fa la boa sperimentale come se avessimo lanciato attorno all’Italia centinaia di boe. Con questo sistema si riesce a fare un primo screening molto dettagliato per identificare con precisione i siti.
Per quanto riguarda le correnti i dati a disposizione sono veramente pochi ed anche in questo caso si mettono su dei modelli numerici. L’energia dal mare dipende dal cubo della velocità e sbagliare di pochi cm al secondo significa andare a perdere diverse decine di kilowatt. Lo strumento modellistico può dare delle informazioni abbastanza dettagliate per individuare l’area dove andare a fare il sondaggio.
Inoltre l’Enea è entrata da poco a far parte dell’EERA, un alleanza per la ricerca sull’energia europea.”

Quanto è efficiente un impianto del genere se paragonato al fotovoltaico o all’eolico?
“Questa è una domanda molto interessante, di solito mi chiedono quanto è efficiente rispetto ad una centrale nucleare, il che non ha assolutamente senso. In realtà la corrente del mare ha una peculiarità da non sottovalutare che è la regolarità, caratteristica questa che la rende sicuramente migliore dell’eolico e del solare strettamente legati ai fenomeni atmosferici ed al ciclo stagionale.
Le correnti di marea dipendono dalla luna e dal sole per cui sono altamente prevedibili ed in grado di generare corrente elettrica in maniera continua. La cosa fondamentale è che la corrente è sempre attiva non muore mai al massimo si può re-invertire ma non ho un momento in cui il pannello non ha luce oppure non c’è vento e l’elica non gira. Facendo un conto di tutta l’energia che si potrebbe ottenere dal mare, potremmo raggiungere il 40% del fabbisogno energetico italiano. E’ evidente che dal punto di vista economico è una partita immensa di energia, quindi chi riuscirà in tempi brevi a commercializzare dei dispositivi a basso costo avrà dei vantaggi non indifferenti.”

Paesaggisti ed ambientalisti sono da sempre contrari agli impianti di energia rinnovabile, eolico per primo, per i danni causati a paesaggio, ambiente e fauna. Quale potrebbe essere l’impatto ambientale di una turbina come la Kobold del progetto Enermar?
“Il problema dell’impatto ambientale nel caso del mare è praticamente inesistente. Sono strumenti per la maggior parte sommersi e comunque pensati per essere posizionati a diversi km dalla costa, quindi se parliamo di un problema visivo l’impatto è nullo. Se invece parliamo di impatto ambientale a livello di modifica della linea di costa, è stato dimostrato che questo genere di strumento può essere addirittura utile per limitare l’erosione della costa smorzando l’energia delle onde. Ma ci sono altre cose da tener presente. Una turbina sottomarina che modifica la velocità delle correnti andrà a modificare la velocità di deposizione dei detriti e quindi il fondale, con conseguenze per l’habitat marino. Quello dell’impatto ambientale rimane per adesso un problema che non si pone, essendo comunque tutti strumenti prototipali.”

Quanto tempo dovremmo ancora aspettare per vedere impianti realmente funzionanti? 
“Il mare è una fonte energetica troppo importante per non essere considerata, ma per quanto riguarda i tempi non possono essere quelli dell’eolico, quindi prima del 2020 sarà veramente difficile che nel mondo ci sia qualcosa di realmente funzionante.”

 E nel Mondo?
“Attualmente non esiste ancora niente in tutto il Mondo che sia commercializzabile, esistono solo dei prototipi. I Paesi del nord Europa sono i più attivi nel campo della ricerca e paradossalmente proprio la Germania, che da un punto di vista di risorse naturali non ha assolutamente niente, ha sviluppato dei sistemi per catturare energia dal mare che risultano essere in questo momento i più avanzati. Perché è importante riuscire ad estrarre energia dai propri mari, ma lo è anche creare strumenti da vendere all’estero.” 





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